martedì 3 gennaio 2012

Luoghi da vedere: luoghi esoterici e misteriosi, il Neues Museum, Akhenaton e Nefertiti


Akhenaton e Nefertiti con figli dinanzi ad Aton
Il Neues Museum è reso famoso della sua stupenda collezione di capolavori egizi. In particolar modo la sua fama è dovuta ai reperti legati alla controversa figura della famiglia di Akhenaton. La XVIII° Dinastia, che prende vita con Ahmosi e muore con Horemheb, ebbe tra i suoi membri gli illustri: Hatshepsut, unica donna Faraone d'Egitto, Amenhotep IV° (Amenofi), e il controverso sacerdote Ay. Amenhotep IV° è meglio conosciuto con l'appellativo Akhenaton. Quest'ultimo rivoluzionò la religione "politeista" (nome alquanto riduttivo e ingannatore) egizia, imponendo come dio unico la divinità solare Aton. Egli aveva per consorte Nefertiti, la "Bella Straniera" o la "Bella Giunta", ed era il padre di Tutankhamon che inizialmente si chiamava Tutankhaton, in onore alla divinità paterna. il Tut o Tot del suo nome prende origine dall'appellativo del dio Thot, che insieme ad Amon, risulta essere il più venerato da questa Dinastia. Difatti, tranne le eccezzioni sopra citate, i reali prendevano il nome di Thot, (Thutmosi), o di Amon, (Amenhotep). Il nome Akhenaton significa "Io Sono Aton", e con Amenhotep IV° il culto di Aton raggiunse il suo zenit, per poi crollare con la sua morte. Nel Neues Museum ritroviamo alcuni interessanti documenti, giunti fino a noi quasi intatti, della stravagante e misteriosa famiglia reale. Il busto di Nefertiti è senza ombra di dubbio il reperto più ammirato, ma decisamente ritengo che tutti debbono essere presi seriamente in considerazione. L'energia emanata dai reperti letteralmente fa girare la testa, e la presenza della famiglia la si può quasi respirare. Troverete che le statue dei figli di Akhenaton e Nefertiti possiedono delle fattezze a dir poco ambigue. Il padre si faceva ritrarre o scolpire con le sembianze di un androgino, per poi non parlare delle teste dei figli!!! Andate a vedere, ne rimarrete di stucco!

Foto e Articolo di: Paolo Rinaldini